Cerca

mercoledì 5 gennaio 2011

Somewhere else

Il suo sogno ricorrente non era soltanto un cosa ma prima di tutto un dove: una stanza, per la precisione. Vi si accedeva scendendo tre scalini. Non era una stanza molto grande, anzi, somigliava più a un luogo dove rifugiarsi quando il bisogno di stare un po’ da soli si faceva impellente. Interamente tappezzata di carta da parati in seta color malva, con minuscoli fiorellini tra il rosa e il beige, era arredata con una libreria zeppa di libri, posta a lato dell’unica, grande finestra di foggia antica, in legno verniciato di bianco e con gli scuri aperti. Sotto la finestra, un tavolino sul quale altri libri trovavano posto e una poltrona dall’aspetto comodo e avvolgente, ricoperta di tessuto a righe larghe, bordeaux e beige. Addossato alla parete di fronte, uno scrittoio con la ribalta aperta svelava carta da scrittura, penne e un telefono nero in bachelite. Un tavolo rotondo con quattro sedie completava il resto della stanza. Questa la descrizione del suo aspetto.
La sensazione che il sogno le lasciava, ogni volta, era di ritorno a casa, di sicurezza e calore; l’atmosfera della stanza le regalava un profumo di bentornata, voglia di sedersi a prendere un thè caldo e leggere un libro.
Lei aveva associato questo ambiente alla nonna materna, amatissima. Senza un motivo reale, in fondo, poiché l’antica casa dove la nonna era vissuta non aveva una stanza come quella. E allora? Quando aveva già abitato quel posto? Chi aveva già chiamato da quel telefono? La carta dello scrittoio era servita a scrivere lettere? E a chi? E in quale tempo tutto ciò era accaduto? C’era anche un gatto? Una sensazione ineffabile le diceva che sì, il gatto c’era.
Il sogno le si presentava indipendentemente dal periodo vissuto in quel momento, non era legato ad alcuno stato d’animo particolare. Era lì, pronto ad allietarle le notti, come un dono gradito che viene da lontano.

Nessun commento:

Posta un commento